Roma, Biblioteca Giordano Bruno

27 Aprile 2002

Maria Claudia Scotese
Recensione del libro “ Il gioco delle costruzioni ” di Marina Mariani



Desidero anzitutto ringraziare Marina Mariani per avermi dato l'incarico di presentare questo suo volume di poesie. Più che una presentazione , per la quale Marina ha avuto firme molto più autorevoli, sarà un percorso di lettura scelto da una persona che si pregia definirsi un'attenta lettrice, oltre che estimatrice, oltre che amica di Marina. Penso perciò di avere acquisito ormai una discreta familiarità con le sue opere, ma soprattutto con il suo modo di essere e di pensare, grazie anche alla, per me preziosa ,consuetudine di lunghe chiacchierate in praesentia o anche telefoniche sugli argomenti più svariati, frutto dell'interesse di Marina per l'attualità, siano fatti di cultura o di politica o di arte, o semplicemente di vita quotidiana.
Questa attenzione al mondo reale, questa curiosità e apertura forse da una parte le derivano dalla sua napoletanità, ( Marina è nata a Napoli e ama molto questa città nella quale ritrova molte sue radici, anche se è dal 1936 che abita a Roma), ma anche, secondo me, dal suo lavoro di tanti anni in Rai. Dopo il liceo si iscrive all'università, prima Fisica poi Filosofia ( ma la laurea la conseguirà molto più tardi per altre esigenze e con nuova consapevolezza). Inizia invece il suo lavoro in Rai tenendo per molti anni un ufficio di corrispondenza con il pubblico e curando anche molti programmi culturali di Radio Tre. Il mondo reale, l'attualità entrano così prepotentemente nella sua vita e non la lasceranno più, mescolandosi alle immagini della sua memoria, del passato collettivo e della sua storia privata e costituendo il terreno di coltura su cui si formerà la sua riflessione poetica.
"Il gioco delle costruzioni" è il secondo volume di poesie di Marina Mariani, il primo è "La conversazione", finalista al premio Viareggio del ` 99, di cui credo si sia già parlato in questa sede. Queste due raccolte antologiche non sono ordinate cronologicamente, ma seguono un ordine tematico, sia pure in senso molto lato. Sia il primo che il secondo volume, infatti, comprendono poesie dagli esordi fino alle ultime degli anni Novanta. Esordisce perciò in ritardo quanto a raccolte antologiche, anche se la critica e l'editoria in generale le hanno dedicato subito attenzione: sono stati suoi attenti lettori Giulio Cattaneo e la Morante; Alfonso Berardinelli l’ha recensita su Liberal e l'ha inserita nella Storia della Letteratura Italiana della Garzanti dedicandole un saggio fondamentale. Il suo nome appare nel Dizionario della Letteratura Italiana del `900 diretto da Asor Rosa e nella Storia della Letteratura Italiana dell'editrice Salerno diretta da Enrico Malato, nella voce curata da Giuseppe Leonelli; sue opere sono state pubblicate in raccolte poetiche di Einaudi, di Guanda, precedute anche da apparizioni su importanti riviste letterarie come La Fiera Letteraria, Nuovi Argomenti e Paragone.
Non si riconosce perciò una vera e propria formazione letteraria, se come tale non si vuole considerare la continua frequentazione di poeti, inizialmente i prediletti inglesi e americani ai quali si aggiungono col tempo Pascoli, Montale, la Morante e poi Pasolini, Bertolucci; importante anche l'amicizia con Giulio Cattaneo, conosciuto in Rai che incoraggerà i suoi primi tentativi poetici e che le farà conoscere Caproni, il destinatario della Lettera a Caproni presente nel volume di cui stiamo parlando. La stessa Mariani ammette che questa lettera non significa un riconoscimento di dipendenza né un omaggio a un poeta che abbia avuto una valenza particolare nella sua formazione ( questo ruolo sarebbe forse più corretto riconoscerlo a Montale). Conobbe l'opera di Caproni grazie a Cattaneo e volendosi rivolgere come lei stessa si definisce da poeta minore a una penna affermata si è rivolta a Caproni.
Tuttavia, secondo opinioni critiche autorevoli , non si trovano molte tracce di questi poeti nella sua poesia ; anche se ogni tanto ci commuove un verso che ci richiama la Dickinson o una chiusa alla Montale questa poesia è affatto originale. Anzitutto per il linguaggio.
La Mariani si confronta in ritardo con il grande pubblico, di cui ottiene un immediato consenso grazie anche alla lingua usata, che è una lingua comune, quella della vita di ogni giorno che non intimorisce, che ci è familiare: troviamo espressioni come “la Fiat ha cambiato modello” o ancora “non mi lasciare in mezzo all'autostrada / chiusa nell'Autobianchi A 112" o ancora,parlando di alberi, si dice che “magari cadono sulla testa di qualcuno” . Un linguaggio semplice anche se non ingenuo, come le tematiche di una poesia dominata da continui flash sulla storia passata e su quella di oggi, tutta proiettata verso l’altro, e soprattutto verso una testarda e indomita ricerca di comunicazione col mondo.
Infatti difficilmente l'attenzione dell'autrice si sofferma a lungo sull'io e come dice Giulio Cattaneo "non sempre il parlare in prima persona è riferibile a se stessa". E anche quando il dialogo diventa un monologo la presenza o il desiderio di un destinatario, di un ascoltatore sono sempre molto sentiti. Marina stessa mi ha comunicato più volte il suo stupore di fronte a forme espressive ripiegate su se stesse, prive di ogni riferimento al mondo che ci circonda. – Non capisco di cosa parlano- suole dire.
La sua cifra, invece, è sempre la stessa, un tono volutamente sommesso e colloquiale che si fonde sempre felicemente col tema ricorrente della memoria, il tono piano, le parole semplici, antiche o quotidiane fatte apposta per rendere accessibili o smitizzare anche le realtà più nobili e impalpabili come la poesia o il destino dell'uomo. Pregherei ora Marina di leggere due sue liriche.

Non amo i poeti troppo poeti
mi piacciono gli alberi che non mi appartengono
altrimenti mi vengono le paure
- magari cadono sulla testa di qualcuno

I miei versi è bene che zoppichino un po’
i versi belli li faccia qualcun altro
è bene che ci siano nel mondo ma che non sia io
a farli - non si sa mai

- magari qualcuno se ne innamora sul serio

Delle cose che scrivo io
si può sempre dire - “però…


*****


Verranno anni come treni

Una sera saprai
che le persone, tutte
quelle che amavi se ne sono andate
accostando la porta.
Incerta ti muoverai
cercando una cosa ferma.

Certo: nei parchi ci sono le statue,
dal sorriso idiota.

In una delle nostre numerose conversazioni private a una mia domanda forse un po' stupida da fare a un'artista e cioè da dove nascesse il suo bisogno di esprimersi in versi, Marina mi ha citato il ricordo delle filastrocche infantili, delle voci rassicuranti che ci cullano nell'infanzia e che con felice stupore ha ritrovato negli anni più adulti, nella scuola, promosse a livello delle cose di cultura.
Il sapore di questo mondo infantile è quello che spesso ci resta impresso dopo la lettura di queste liriche; come nelle filastrocche che raccontano sempre qualche storia, l'approccio di questa lirica è fortemente narrativo e anche dove il significato non è immediatamente palese, il riferimento a piccoli oggetti, a situazioni domestiche o quotidiane toglie forza al simbolo o all’allegoria per lasciare il posto al "C'era una volta". A questo proposito penso in particolare a una lirica che pregherei Marina di leggere, "un paio d'occhiali forse", dove alla prima strofa che rappresenta una familiare realtà quotidiana seguono altri versi in cui l'immaginazione prevale fino ad assumere una connotazione onirica confondendo le nozioni di spazio e tempo.

Adesso che mi hai lasciato
e in giro per la città non c’è proprio nessuno,
per fortuna hai dimenticato una cosa,
che so,un paio d’occhiali, un borsellino.

Avanzano le Panzerdivisionen,
in fondo alla strada c’è il lager.
Il vicino sta costruendo una bomba,
la radio emette scariche letali.

Ma io mi salvo: hai dimenticato una cosa,
un paio d’occhiali forse, un borsellino.

E' questo un linguaggio quanto mai descrittivo , quasi cinematografico, il sovrapporsi delle immagini nella lirica che abbiamo ascoltato ci fa pensare a un flash back ; molti critici hanno citato il cinema commentando l'opera della Mariani e la stessa autrice ammette di adorare questa forma espressiva che ha segnato fortemente la sua generazione. “Sono nata nell'anno del cinema sonoro” suole dire Marina. E proprio la forza di una scena cinematografica ha quest'altra lirica dal ritmo più concitato quasi da ballata antica. Anche qui le immagini fantastiche evocate si impiantano su una realtà quotidiana, la spada dietro il sofà.

A cavallo di notte arrivano i guerrieri
e uccidono il mio personale nemico

I guerrieri a cavallo di notte
mi frodano del mio personale odio

Tutta la città piange il giovane eroe
Tutti in lutto nella città - La spada

che avevo preparato affilato lucidato ora
pende ridicolo trofeo dietro il sofà

nella casa che per quanto mi sforzi è borghese

Non ci sono state rivoluzioni nella nostra storia
a esaminare la nostra storia non si trovano
rivoluzioni popolari vere

C’è sempre un drappello di guerrieri stranieri a cavallo
che arriva di notte a giustiziare

E a elaborare il lutto di tutta una città
a commiserare la vittima una vita non basta
a ridare al monarca il figlio sgozzato

Una vita di femmina, poi…

Nella sua opera gli squarci della vicenda autobiografica, perciò, sono numerosi, ma appaiono come frammenti della storia collettiva, un'epica portatile -come dice ancora Berardinelli - per definire e descrivere la nostra epoca. Spesso infatti si avverte il desiderio di capire congiunto però alla diffidenza per le definizioni assolute e categoriche, per il discorso paludato, per l'inno spiegato (non per niente il Grillo Parlante ricorre più di una volta nei suoi versi, talora chiamato sentenzioso), e dovunque si insinuano il dubbio e l'ironia.


I ministri del culto indossano abiti talari,
i ministri della scienza indossano camici,
i ministri della giustizia indossano toghe;
i tutori dell’ordine indossano divise scure,
gli alunni delle elementari grembiuli col fiocco.

Gli artisti indossano maglioni neri,
i comunisti hanno fazzoletti rossi.

Le donne eleganti indossano quest’anno cappotti lunghi,
l’anno scorso indossavano cappotti molto corti,
l’anno prossimo non si sa.

L’abete d’inverno indossa un abito bianco,
il salice si spoglia tutto, invece.

A me accade di cercare una divisa:
ce n’è proprio per tutti, ma, chi lo sa
com’è, non la trovo.


*****


Questi scienziati dell’umanità
sono senz’altro gli uomini migliori.

Vanno e vengono per il Corso,
si salutano con giusto sussiego.

Sia data a loro la palma,
perché sono i filosofi
della bella democrazia.

E siano giustiziati gli isolati,
i randagi,
anche se soltanto cani.

I miti, le certezze della nostra epoca vengono spesso presi di mira come le sublimi ideologie a cui viene sempre contrapposta una realtà solo apparentemente modesta e quotidiana.

Mancano in questa casa le battaglie e i cavalli - c’è carenza d’ippogrifi
di donzelle di fiumi di boschi - si e no vedi quattro ortensie
e va bene se la famiglia di merli fa una sosta sull’erba

Non si fanno ascensioni - c’è una scala per i libri però
- quella ogni tanto serve. Scarseggiano gli inni.
(si può sentire qualche ritornello facile di canzonetta).

Non so se vuoi venire - adesso che sai. No, l’oceano non c’è
a meno che tu non voglia cercarlo sull’atlante.


Ma non per questo l'autrice rinuncia costruire, a mettere le cose in ordine, anche se sa che con le parole si costruiscono case e piazze di carta che perciò cadranno, anche se sa che tutte le parole sono state già dette e ridette perché, come una volta ebbe a dirmi, “lo sappiamo che siamo morti”. Tuttavia cerca, come ha detto Lello Voce in una bella recensione sull'Unità, “individua gli elementi semplici scampati alla rovina e utili alla ricostruzione e nel descrivere il mondo prova a comprenderlo”.
Forse a questo tentativo è da riportare una modalità stilistica ricorrente di questa poesia, quella dell'uso dei verbi all'infinito, del periodo spezzato, quasi brandelli di un manuale delle istruzioni smembrato per un oggetto che non ci è molto familiare. Quando ciò avviene il tono tenero della memoria o quello pacato dell'ironia lasciano il passo a una gelida enunciazione di fatti, quasi una sfida coraggiosa al mondo che si riesce finalmente a guardare in faccia; e gli oggetti di uso quotidiano diventano fredde espressioni geometriche.


Cercarsi - Cercare.
Inseguirsi - Provare
a raggiungersi.
Percorrere la statale
la carraia il sentiero
la mulattiera.
Rintracciare la mulattiera.
Inoltrarsi - Insistere.
incunearsi fendere
la boscaglia. Graffiarsi
Farsi male.
Scoraggiarsi, ascoltare.
Cercare la risposta. Provocare
la domanda. Sbagliare la risposta.
Ripetere. Ricominciare.
Lasciarsi accogliere
dalla radura. Origliare.
Nascondersi. Spiare.
Confondersi. Tornare
indietro. Riprovare.
Mettersi a confronto, formulare
ipotesi, paragonare.
Regalare, impacchettare,
ornare il dono.
Rincattucciarsi. Provare
a scomparire.
Affiorare - Riaffiorare.
Sdipanarsi - Farsi linea - Allinearsi
Attraversare.
Sfiorare il filo dell’alta tensione, sperare.
Volersi bene, ammassare
il fiore per il pane. Annusare.
Concorrere, partecipare.
Tendere il filo tra le case. Danzare
Provare a danzare.
Sorreggersi. Chiamare. Percepire l’altezza,
vergognarsi. Chinarsi. Prendere, apprendere.
Riprendere. Riprendersi. Guardarsi
indietro, ricordare.
Gustare, apprezzare. Provare
a distinguere. Distinguersi.
Sospendere
il viaggio a metà strada.
Rimproverarsi.

*****


Farfalla dal balcone verso l’albero

Dal segno alla parola, dalla parola al segno.
Bisogna tornare alle forme chiuse
(l’uovo è il massimo scopo).

Si può perdonare l’effusione
se dura poco


In un'intervista dell'aprile del 2000, parlando della preparazione di questo volume, a chi le chiedeva come vedeva questa sua nuova opera rispondeva “come quando da bambina giocavo a mettere insieme i blocchetti di legno per costruire case e piazze, o con le carte da gioco per fare i castelli, ben sapendo che le case sarebbero crollate e i castelli rasi al suolo. Case di sabbia, ripari esposti al vento, provvisori ho scritto in una poesia. Quello che conta, mi pare, è continuare a formulare le domande finché le sentiamo. Pazientemente.”
E queste domande attraversano tutta questa raccolta forse in maniera un po' più evidente di quanto non avvenisse nel primo volume “La conversazione”.
Domande a cui non c'è risposta se non quella che”forse nessun cerchio è veramente un cerchio”.

Forse nessun cerchio è veramente un cerchio
nemmeno il più perfezionato dei compassi qui
può tracciare un cerchio perfetto

ma il cerchio sa
di essere cerchio quel tanto che è concesso
dall’umana geometria

e va tra le altre figure
col suo umano vestito di cerchio


L'autrice si interroga sulla vita, sulla morte,sull'amicizia, sul distacco, sui rapporti umani, sulla poesia, ma il tono è sempre antieroico ,spesso è il titolo a chiarire la metafora come in questa lirica inserita nella lettera a Caproni

La vita


Eppure c’era, c’era!

Non ti disperare.
Da una distrazione
all’altra, l’avrai buttata
nella pattumiera


Come ha detto Berardinelli, per la Mariani “La favola della vita ha una morale che non ci è mai del tutto chiara, ma va detto in parole enigmaticamente chiarissime”. Penso alla brevissima "La mia casa non la conosco bene. Mi capita / di aggirarmi tra le stanze, stupita", che molti di noi potrebbero adottare come immagine del proprio rapporto col mondo, soprattutto quelli che non sono più molto giovani.
In forma esplicita o sotterranea, infatti, il tema della vecchiaia è sempre molto presente in queste liriche: questo volume si apre con una poesia sulla vecchiaia.
La Mariani ha cominciato a esibire presto la sua anzianità e in alcune poesie dichiara di attenderla senza timore. Infatti l'anziano è spesso contrapposto o affiancato al giovane, mai all'adulto (ci sono i giovani, i bambini in questa poesia, poco gli adulti, molto gli anziani), viene visto come il naturale depositario di quel “C'era una volta” di quella voce narrante che tanto chiaramente sentiamo quando leggiamo queste poesie. E' l'anziano infatti che racconta storie che “in fondo si capiscono” come si dice in una poesia, ma è anche l'anziano che esita sulle strisce bianche che altri non vedono, o che riuscirà a essere estraneo quel tanto che
necessita - senza rimorsi.

Dolce amica vecchiaia non mi tradire
proprio adesso che sto per raggiungerti - non ti perdere
nella nebbia fumosa delle pianure fra i pioppi
non mi lasciare in mezzo all’autostrada
chiusa nell’Autobianchi A112

Vado e vengo e ti desidero - ti aspetto.
Le cose se ne andranno, e le persone che invitano
a banchetti spregevoli o idioti si fermeranno in un gesto
come statue di cera. Finalmente la vita avrà un ritmo
regolare voluto da me. Il grande fiume
delle automobili e delle ideologie continuerà a scorrere
parte del panorama lontano; ma la finestra si aprirà sui limoni
piantati da me e cresciuti per vigore naturale.

Si tratterà di uscire evitando la pioggia; di rientrare
prima che faccia buio; di scegliere gli indumenti giusti.

Si tratterà finalmente di essere estranei quel tanto
che necessita - senza rimorsi.


*****


Agli anziani bisogna mostrarsi contenti.
Tanto non possono farci niente.
Tanto non possono capire.
Tanto è inutile.

Offrono pranzi, ridono.
A modo loro ci provano.

Raccontano storie che in fondo si capiscono.


Nella poesia intitolata "Per ansia di futuro o per brama di passato", il presente viene riletto attraverso queste due emozioni, quasi avesse bisogno, per accendersi di colori, di essere visto attraverso gli occhiali della speranza e della memoria.( Gli occhiali vengono citati spesso nella poesia della Mariani).
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